Circolo virtuoso Il nome della Rosa Sabato 20 febbraio ORE 21,30
GUIDA ALL’ASCOLTO
“Perché volete disturbarmi se io forse sto sognando un viaggio alato
sopra un carro senza ruote trascinato dai cavalli del maestrale”
“THE DOORS – Live at the Hollywood bowl – 1968
CREAM – Farewell concert – 1968
A cura di: Luciano CRESCENTINI e Paolo DI CRISTOFARO
Letture scelte: Luciana DI PIETRO
Un testo breve di poche righe che descriva cosa, chi ed i perché di un’Epoca (anni 60/70/80) doveva andare necessariamente, per Natura, Emozioni ed Elezione Rivoluzionaria tutto “storto”, è audace e difficile!
Il Nome della Rosa ri-assumendo “equilibri di tendenze e gusti musicali fluttuanti e variabili” , nelle serate dedicate alla Musica Rock, Pop, Progressive, celebra ed Onora in maniera consona soltanto agli Eroici “Maledetti e Romantici sopravvissuti e mai domi” ( “i Neri ed i Rossi” in Ray Ban, eschimo o giubbini pelle..Filosofie possibili) la Lotta senza compromessi, lo Stile di Vita e di Morte.
Una trazione ritmica e Passionale indietro nella Storia del Pop quindi, che porta inesorabilmente avanti verso espressioni Musicali ed Artistiche, quindi non Politiche ma Ideologiche senza tempo, che hanno lasciato un segno su mattonelle dei “Club giovanili”, quando non in stereo di intrecci e mille fili, nelle auto intrise di colla per manifesti di appartenenza…poi a terra su asfalto rosso sangue. Ritmi lenti e frenetici percossi da drums ed assoli di voci, Hammond e chitarre….Pensieri subito Azioni..pretese di Giustizia! Le tendenze e gli stereotipi giovanili odierni più commerciali allora si arrendono e vigliaccamente fuggono.
Attraverso l’esperita guida del mentore e cultore della “materia viva” Luciano Crescentini, l’intuizione organizzativa e tematica di Paolo Di Cristofaro, il collagene delle letture di testi di canzoni, note discografiche e biografiche di Luciana Di Pietro, porteremo in tournée e nel corso di tutti gli appuntamenti in programma fino a Maggio, Band e Gruppi ora divisi, finiti negli accadimenti di dipartite senza deroghe e scusanti (interpreti unici morti per droga o drammi scelti)…ma nel Nome della Rosa riappacificati, “risorti” in proiezione e quindi ancora Vivi e Presenti (U2- Eagles – Genesis – Led Zeppelin – King Crimson – Gentle Giant – Yes – Deep Purple – Pink Floyd – Jetro Tull – PFM…e tanti altri).
Il Banco del Mutuo Soccorso da cui abbiamo estratto titolo della rassegna, sia incipit per ogni vostra autonoma riflessione e considerazione …per intuire “esprit de finesse” dei nostri Sogni e Desideri non disillusi e sconfitti…secondo la Legge, inderogabile, inconfondibile, attenta agli accadimenti Intelligenti e Coraggiosi del nostro Circolo Virtuoso. Vi aspettiamo con CuoreAlto…con ChiconelCuore.
“The Doors Live At The Hollywood Bowl” è il concerto dei Doors filmato all’ Hollywood Bowl di Los Angeles il 5 luglio del 1968. Il concerto fu registrato su un otto piste audio e filmato con pellicola a colori in 16 mm e ripreso da 4 cineprese. Tra coloro che ripresero il concerto figurano Paul Ferrara alla regia, Frank Lisciandro fotografo e un giovanissimo Harrison Ford dietro a una delle quattro cineprese posizionate intorno al palco del Bowl per catturare le varie angolazioni del concerto.
Il Farewell Tour del ’68 fu l’ultimo che Eric Clapton, Ginger Baker e Jack Bruce fecero insieme come Cream (salvo successive reunion). Questo bootleg è la registrazione di uno di quei 22 concerti, quello all’ Inglewood Forum di Los Angeles. Nove pezzi, in pratica tutti i classici dei Cream, belli dilatati e spalmati su poco più di un’ora e un quarto di durata complessiva del cd. L’esibizione è forse un po’ imprecisa, intendiamoci, non che suonino male, sono pur sempre tre maestri nei rispettivi ruoli, diciamo che c’è qualche erroruccio qua e la, qualche sbavatura, tecnicamente non sono di certo questi i Cream migliori, appaiono in alcuni frangenti un po’ distratti, poco concentrati, forse con la testa già proiettati verso le loro avventure future, e probabilmente sotto effetto di qualche roba strana, sicuramente un po’ bevuti. Ma a far da contraltare vi è una grandissima energia, il suono è robusto e sporco al punto giusto, la performance è molto muscolare, insomma sembrano suonare più con lo stomaco che con la testa, viscerali, spontanei, sinceri. Dimostrano per l’ennesima volta di trovarsi a proprio agio nei lunghi assoli strumentali e la consueta inventiva a livello improvvisativo. Chitarra, Basso e Batteria in continua sfida, il blues più indemoniato che sfocia nell’hard rock e nella psichedelia.
Il disco dà il meglio di se nella sequenza dei tre pezzi iniziali, l’attacco del concerto è impietoso, con una trascinante e stravolta “White Room”, all’inizio della quale sembra esserci un piccolo taglio, poi la storica cover “Crossroads” (Robert Johnson) e quindi si raggiunge l’apice già al terzo pezzo, uno dei riff più famosi di sempre, “Sunshine of Your Love”con la chitarra di Clapton a farla da padrone. L’ armonica impazzita di Jack Bruce caratterizza la successiva“Traintime”, mentre “Toad” concede al virtuoso percussionismo di Baker il ruolo di primo attore. Altro omaggio al vecchio Blues è la dilatatissima “Spoonful” (Willie Dixon), seguita da “I’m so Glad”, mai amata troppo da chi vi scrive, e da una pesantissima “Politician” che sembra anticipare lo stile ed il sound cupo e distorto dei Black Sabbath. Si chiude con un altro vecchio celebre standard blues “Sitting on the Top of the World” ovviamente rielaborato dai tre da par loro. A far da cornice all’esibizione vi è un pubblico bello caldo ed in generale un’atmosfera divertita e festosa, nonostante fosse un tour d’addio.
Questo è solo uno dei tanti dischi che testimonia come l’hard rock fosse presente sui palchi già qualche anno prima del suo esordio ufficiale su disco (LED ZEPPELIN, 1969), e ci conferma l’importante ruolo di antesignani del genere ricoperto dai Cream.
Il suono della registrazione è buono, non cristallino, è pur sempre un bootleg, ma i tre strumenti e le voci vengono fuori ben distinti. Il cd nella sua parte superiore ha l’aspetto di un piccolo vinile ed è racchiuso in una custodia in cartonato spartana, ma caruccia nella sua semplicità. Se vi piace il blues pesante e l’improvvisazione strumentale tipica dei Cream, ma direi comune a molta della musica di quel periodo, allora fateci pure un pensierino, potrebbe piacervi.
Fonte: https://www.debaser.it/cream/the-first-farewell/recensione
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